LOCAZIONI COMMERCIALI E CORONAVIRUS

Il diffondersi del Covid-19 sul nostro territorio ha determinato un’emergenza sanitaria che ha rapidamente assunto connotati sociali ed economici dai risvolti preoccupanti che rischiano di modificare in modo permanente l’assetto del nostro Paese.

Uno dei problemi maggiormente avvertiti dal tessuto imprenditoriale e produttivo italiano, sostanzialmente paralizzato dalle misure di contenimento adottate dal Governo, è stato e continua ad essere quello dei canoni di locazione.

Trattasi, infatti, di una spesa a cadenza mensile, spesso di importo particolarmente elevato, il cui pagamento è necessario per evitare di subire una procedura di sfratto con notevole aggravio di costi e rischi per la continuità dell’attività di impresa.

Con il presente contributo ci si propone di analizzare, senza pretesa di esaustività, la situazione attuale nonché i possibili strumenti offerti dal nostro ordinamento per far fronte alle temporanee difficoltà che i conduttori potrebbero incontrare nell’onorare tempestivamente il pagamento dei canoni di locazione.

  1. Sono dovuti i canoni di locazione relativi ad immobili commerciali inutilizzabili a causa del lockdown?

La questione è estremamente delicata poiché la situazione che stiamo vivendo è un unicum.

Da un lato, infatti, i conduttori si chiedono se siano effettivamente tenuti a corrispondere il canone pattuito per la disponibilità meramente astratta di un immobile di cui, in concreto, non possono usufruire; dall’altro i locatori pretendono il pagamento del dovuto anche in considerazione della certa debenza delle imposte sulla proprietà e sulla plusvalenza derivante dai canoni contrattualmente sanciti.

Un conflitto d’interessi da manuale che, apparentemente, non trova soluzione nel D.L. del 17.03.2020 n. 18 (c.d. Cura Italia) che, agli artt. 65 e 91, detta due norme capaci di interferire con effetti disorientanti per l’interprete.

 L’art. 65 del predetto Decreto, proprio “Al fine di contenere gli effetti negativi derivanti dalle misure di prevenzione e contenimento connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19…” riconosce ai soggetti esercenti attività d’impresa considerata non essenziale (e quindi in lockdown) un “…credito d’imposta nella misura del 60 per cento dell’ammontare del canone di locazione, relativo al mese di marzo 2020, di immobili rientranti nella categoria catastale C/1”.

Nel Decreto c.d. Rilancio, di prossima pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, è stato introdotto un analogo meccanismo di credito di imposta concernente i canoni di locazione, leasing o concessioni dovuti per i mesi di Marzo, Aprile e Maggio 2020 da imprenditori o professionisti che abbiano avuto ricavi inferiori a 5 milioni di euro nel 2019 e che abbiano subito una riduzione di fatturato del 50% a causa dell’emergenza epidemiologica.

Di fatto lo Stato si fa carico del pagamento del 60% del canone di locazione (30% nel caso di affitti di azienda) sul presupposto, quindi, che il medesimo sia integralmente dovuto.

D’altronde è indubbio che il lockdown e, quindi, l’impossibilità concreta per il conduttore di utilizzare l’immobile non possa imputarsi al locatore!

Sennonché l’art. 3 del Decreto Legge che ha determinato la chiusura delle attività commerciali non essenziali (D.L. 23 febbraio 2020 n. 6), così come modificato dall’art. 91 del Decreto Cura Italia, al comma 6-bis, sancisce che “Il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è sempre valutato ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 del codice civile, della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti”.

Questa norma instilla il legittimo dubbio sull’effettiva esigibilità del canone di locazione nel periodo emergenziale in quanto le norme del codice civile richiamate e, in particolare, l’art. 1218 c.c., riguardano non solo il risarcimento dei danni derivanti dall’inadempimento ma anche l’esistenza dell’inadempimento in sé.

L’art. 1218 c.c. statuisce infatti che “Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”.

Tuttavia, ai sensi dell’art. 1256 c.c., quando la prestazione dovuta è impossibile per una causa oggettiva, sopravvenuta, imprevedibile e inevitabile oltreché non imputabile al debitore, l’obbligazione si estingue!

  1. Quindi posso invocare l’impossibilità sopravvenuta per non pagare il canone di locazione?

Sul punto sono state date diverse risposte di tenore difforme.

In particolare secondo alcuni, con riferimento al problema in esame, sarebbe possibile configurare due tipi di impossibilità sopravvenuta:

  1. Temporanea: l’impossibilità di adempiere al pagamento del canone di locazione riguarda un periodo di tempo limitato. Nel nostro caso, durante vigenza delle misure di contenimento con conseguente chiusura delle attività economiche ritenute non essenziali, l’impossibilità dell’impresa di utilizzare l’immobile e, quindi, di fatturare comporterebbe l’impossibilità di pagare il canone.

A voler aderire a questa tesi il conduttore, fin quando perdura l’impossibilità, non è responsabile per il ritardo nel pagamento dei canoni. Ciò non toglie che, nel momento in cui sarà cessata la causa dell’impossibilità, sarà tenuto all’integrale adempimento e, quindi, al pagamento dei canoni pregressi in misura integrale.

Ad ogni modo, questa strada interpretativa non sembra percorribile considerato che, a parere di chi scrive, è ben difficile immaginare che una prestazione avente ad oggetto una somma di denaro sia “impossibile”. Il denaro, infatti, è un genere che per definizione non perisce mai e in giurisprudenza è condiviso l’assunto secondo cui le difficoltà soggettive del debitore nel reperire la somma necessaria per adempiere le proprie obbligazioni non è idonea ad integrare l’impossibilità sopravvenuta.

  1. Parziale: la prestazione diviene impossibile solo in parte e, quindi, il debitore si libera della propria obbligazione eseguendo la parte della prestazione che è ancora possibile e l’altra parte può chiedere una riduzione della controprestazione cui è tenuta.

Quest’ultima ipotesi di impossibilità, secondo alcuni, dovrebbe essere riferita non all’obbligazione del conduttore (pagamento del canone) ma a quella del locatore (mettere a disposizione un locale idoneo allo svolgimento dell’attività del conduttore).

In altri termini, posto che la prestazione del locatore è divenuta parzialmente impossibile, stante la ridotta godibilità dell’immobile commerciale a causa del lockdown, il conduttore potrebbe pretendere ex art. 1464 c.c. una riduzione proporzionale del canone (attenzione: non sospenderne né tantomeno evitarne completamente il pagamento).

Tuttavia non si concorda con tale impostazione in quanto il locatore ha solo l’obbligo di: consegnare, al momento della conclusione del contratto, un immobile in buono stato manutentivo; mantenere l’immobile in uno stato idoneo all’uso che il conduttore intende farne effettuando le riparazioni di sua competenza; garantire il pacifico godimento dell’immobile da parte del conduttore dalle molestie e dalle pretese di terzi.

E nessuna di queste prestazioni sembra essere stata resa né completamente né parzialmente impossibile dal lockdown.

  1. Ho sentito anche parlare di eccessiva onerosità sopravvenuta…

Ai sensi dell’art. 1467 c.c. si ha eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione qualora un evento imprevedibile e straordinario, estraneo alla normale alea (e, quindi, al normale “rischio”) del contratto determini non un’impossibilità ma una difficoltà eccessiva di tipo patrimoniale nell’adempimento.

Un evento del genere altera il normale equilibrio che deve esistere tra le prestazioni oggetto del contratto in quanto il valore dell’una (quella divenuta eccessivamente onerosa) appare sproporzionata rispetto all’altra.

Ora, è indubbio che una pandemia globale sia effettivamente un evento imprevedibile e straordinario oltreché estraneo al normale rischio contrattuale.

Ed è anche ragionevole ritenere che il canone di locazione pattuito in tempi non sospetti relativamente ad un immobile che si credeva fruibile senza limitazioni potrebbe risultare, a tutt’oggi, sproporzionato per eccesso rispetto all’attuale valore della prestazione del locatore (che, pur adempiente, mette a disposizione un immobile di fatto inutilizzabile).

Occorre però considerare che l’eccessiva onerosità sopravvenuta legittima esclusivamente a chiedere la risoluzione del contratto (con conseguente cessazione dell’attività economica svolta nell’immobile) salvo che la controparte, ossia il locatore, non si offra di modificare le condizioni contrattuali di modo da ricondurle ad equità e, quindi, di ridurre il canone.

  1. Posso subire una procedura di sfratto durante questo periodo di emergenza?

Certamente potrai ricevere un’intimazione di sfratto con contestuale citazione per la convalida ma ex art. 103 co. 6 del Decreto Cura Italia “l’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, anche ad uso non abitativo, è sospesa fino al 30 giugno 2020”.

Questo significa che l’ordinanza di convalida di sfratto non potrà essere eseguita prima di quella data.

  1. In conclusione

Allo stato attuale non è possibile asserire con certezza la legittimità di alcuna iniziativa di unilaterale riduzione e/o sospensione nel pagamento dei canoni di locazione.

La soluzione del problema, in buona sostanza, è incerta poiché dipende dall’orientamento che le Autorità giudiziarie adotteranno nei prossimi mesi e che, stante la delicatezza della situazione, sarà probabilmente ritenuto meritevole di un intervento della Corte di Cassazione a Sezioni Unite.

Il suggerimento che tutti (noi compresi) ritengono più saggio è quello di cercare di raggiungere un accordo tra conduttore e locatore al fine di trovare una soluzione di equilibrio tra le opposte esigenze delle due parti del contratto di locazione.

La prima cosa che il conduttore dovrebbe fare è, quindi, trasmettere una comunicazione al locatore, magari chiedendo una temporanea riduzione del canone di locazione e prospettando che, mediante la registrazione dell’accordo (esente da imposta di bollo) sarà possibile per quest’ultimo corrispondere le imposte solo sulla parte di canone che sarà effettivamente pagata dal conduttore.

Il raggiungimento di una soluzione condivisa è auspicabile anche in considerazione dell’alea che caratterizzerebbe un eventuale giudizio: verrebbe da dire che, nell’obiettiva incertezza sul modo in cui si orienterà la giurisprudenza, vale il proverbio per cui è “meglio un cattivo accordo che una buona sentenza”.

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